quando a violenza si aggiunge violenza

La prevaricazione usata nei confronti di Petra Krause supera tutti i limiti

maggio 1979

«La sottoscritta dichiara espressamente di volersi dimettere dall’ospedale di propria volontà, contro il parere ed il consiglio dei sanitari e di essere pienamente consapevole delle complicazioni e conseguenze di tale decisione. Sono disturbata dalla presenza pressante delle forze di polizia. F.to Petra Krause – Roma, 27 marzo 1979».

Perché Petra ha interrotto gli esami clinici che si erano resi indispensabili per il suo grave stato di salute? La vicenda è nota: Petra, dopo aver trascorso 28 mesi nelle carceri elvetiche in totale isolamento, è stata estradata in Italia per le sue gravi condizioni fisiche e per le pressioni dell’opinione pubblica e delle donne in particolare.

A suo tempo, però, il Ministro della Giustizia si impegnò a «restituire» Petra — quasi fosse un oggetto — alla Svizzera, che a sua volta si è impegnata ad estradarla in Germania. In Italia Petra è stata assolta dai giudici di Napoli da tutte le accuse che le erano state contestate; se non vi fosse l’assurdo impegno del Ministro Bonifacio, ora sarebbe una donna libera. E’, invece, costretta al soggiorno obbligato in Napoli con firma bisettimanale in Questura. Ma veniamo all’ultima vicenda di Petra. A causa del suo grave stato di salute Petra chiede ed ottiene di potersi trasferire temporaneamente a Roma presso l’ospedale Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina per accertamenti c|inici e per un probabile intervento ginecologi co.

Il 27 marzo arriva alla stazione Termini dove trova ad attenderla 15 agenti della DIGOS che la scortano sino all’ospedale: travestiti da medici ed infermieri, in camice bianco, muniti delle chiavi della corsia, gli agenti della DIGOS occupano militarmente l’ospedale, violando la privacy di tutte le degenti.

Il giorno degli accertamenti Petra viene portata al reparto di radiologia per essere sottoposta ad un esame istologico con prelievi di tessuti vaginali. Si prepara alla visita mentre i medici discutono con gli agenti della DIGOS, i quali pretendono di assistere all’intervento.

Tempestivamente arriva il cappellano dell’ospedale sventolando un biglietto anonimo nel quale si invita il personale sanitario alla massima vigilanza perché: «all’ interno dell’ ospedale si trova il pericolo numero uno del terrorismo internazionale: Petra Krause». Dopo questo decisivo intervento i medici consentono ad un agente della DIGOS di assistere alla visita ginecologica dietro il vetro divisorio; ciò avviene, ovviamente, all’insaputa di Petra, costretta, non appena si accorge del fatto, ad interrompere gli esami ed a chiedere le dimissioni contro il parere dei medici.

Petra torna a Napoli, sempre scortata da agenti della DIGOS, in vivissimo stato di tensione. Il 31 marzo un medico accerta che lo stato di depressione e di angoscia di Petra è da porsi in relazione con il tipo di violenza subito all’ospedale Fatebenefratelli. Petra presenta una denuncia penale contro la direzione sanitaria dell’ospedale, contro i dirigenti e funzionari dei Ministeri della Giustizia e degli Interni, contro dirigenti e funzionari della DIGOS romana. La notizia esce su tutti i giornali quotidiani; il prof. Forleo del Fatebenefratelli corre ai ripari ed in una intervista al Messaggero dichiara che Petra è stata dimessa ad accertamenti clinici completati e con l’accordo del personale medico; una bugia che ha le gambe corte, perché dalla cartella clinica risulta chiaramente che «la paziente vuole ritornare in sede, pertanto non sono eseguibili le indagini endocrine». Petra è così costretta a dimettersi per «la presenza pressante delle forze di polizia». Le dimissioni dall’ospedale contro il parere dei medici sono controfirmate dal prof. Forleo.

In un documento della Segreteria, nazionale di medicina-democratica si legge: «Medicina Democratica denuncia questo uso repressivo della medicina, questo svilimento dei diritti civili di Petra, questo atteggiamento protervo e banditesco delle forze dell’ordine, questo sequestro di persona legalmente perseguito dalle autorità dello Stato». Ed ancora: «Il capo primo della legge di istituzione del servizio sanitario nazionale ricorda che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività… La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana».

Questi princìpi da sempre vengono ignorati nella pratica sanitaria istituzionale: i pazienti negli ospedali sono oggetto e non persone, ma la prevaricazione usata nei confronti di Petra supera tutti i limiti.

Il personale sanitario dell’ospedale Fatebenefratelli non può illudersi di risolvere il caso di Petra dando notizie inesatte; di quanto è successo, di come vengono trattati i malati, dell’ignobile prevaricazione usata per Petra essi dovranno rendere conto, prima ancora che ai giudici, a tutte le donne.