luoghi di donne
tra utopia e realtà
al centro donna di ferrara può accadere di tutto, anche l’impossibile, attività editoriali, utopie architettoniche, ma anche 32 solo conferenze e dibattiti.
Abbiamo rivolto alcune domande alle organizzatrici del Centro Documentazione Donna di Ferrara per poter tracciare un profilo di questa gruppo di lavoro, degli scopi che si prefigge e delle difficoltà cui di volta in volta si è trovato di fronte.
Nato verso la fine del 1979, quando si presentò l’occasione di poter utilizzare una stanza resasi libera nella sede dell’UDI provinciale, il Centro consiste, oggi, in una biblioteca specializzata aperta al pubblico il martedì e il giovedì pomeriggio con un servizio di prestito gratuito e di consulenza per ricerca, e in un archivio che contiene prevalentemente documenti prodotti dal movimento delle donne di Ferrara. Provenienti da gruppi politici diversi e con differenti percorsi individuali alle spalle, le circa quindici donne che attualmente lavorano con continuità nel Centro hanno però un denominatore comune: quello di svolgere tutte una propria attività professionale e di dedicarsi al Centro durante il tempo libero.
Cosa c’è dietro questa scelta? Un intreccio, forse, di motivazioni politiche e bisogni di gratificazione: gratificante è infatti per ognuna di noi il poter contribuire in qualche modo a modificare la realtà.
Pensate di esserci riuscite? Possiamo dire che c’è rispondenza rispetto a quello che ci proponevamo di ottenere. Siamo partite consapevoli della necessità di graduare i nostri obiettivi in rapporto alle nostre possibilità, per questo lo spazio che siamo riuscite a conquistarci nella realtà locale è superiore alle nostre aspettative.
Allora niente stanchezza e delusioni! Stanchezza fisica si, tanta; ma per nessuna di noi si può parlare di delusione, anzi, siamo abbastanza soddisfatte
Soddisfatte anche per quanto riguarda il lavoro all’interno del gruppo? Nessun contrasto, nessuna rottura? Le differenze di storie personali, di carattere, di lettura della realtà, nel nostro caso, non hanno mai portato né a rotture, né a tensioni, né a forme di leaderismo. La causa di questa convivenza serena pensiamo si possa attribuire alla struttura del gruppo che è molto elastica, alla tolleranza e al rispetto che ognuna di noi ha per le altre.
Un quadro, questo, davvero perfetto; forse un po’ troppo, quasi si stenta a crederci, perché dubitarne? In un momento tanto difficile per tutti i gruppi di donne impegnati in attività culturali e non, concentrati nello sforzo di sopravvivere alle contraddizioni interne e agli ultimatum di ordine politico-economico che provengono dall’esterno, in questo momento, appunto, il venire a conoscenza di una tale «idilliaca» situazione è un invito a resistere, a tentare di nuovo e con nuovo coraggio, o a trasferirci tutte a Ferrara dove, evidentemente, può accadere di tutto, anche l’impossibile.
Diversi gli obiettivi che il Centro si propone: porsi come elemento di riflessione e di divulgazione delle elaborazioni teoriche del femminismo; far conoscere quel che è stato acquisito sulla storia delle donne e i meccanismi ideologici della discriminazione; raccogliere il materiale prodotto dalle donne in questi anni, in modo da patrimonializzare esperienze che, non considerate comunemente «cultura», andrebbero
altrimenti perse; svolgere presso le istituzioni una funzione di stimolo e di sensibilizzazione rispetto ad istanze provenienti dalle donne. Cos’altro ancora?
Organizziamo incontri-dibattito su diversi temi, soprattutto storici e sociopolitici, e documentiamo l’attività delle donne con mostre di diverso tipo e presentazione di libri. In settembre ad esempio, abbiamo organizzato un convegno sull’informazione che ha ottenuto un buon riscontro all’esterno. Un’altra delle nostre attività consiste nel pubblicare ogni tre mesi: “Leggere donna”, un bollettino che contiene schede e recensioni di libri, delle e sulle donne, racconti, poesie e articoli vari.
Quali progetti avete per il futuro? Finora abbiamo condotto una discreta opera di divulgazione e di organizzazione, ora vorremmo invece potere anche produrre cultura… In questo primo periodo abbiamo prodotto cultura solo in senso lato, dando nuovi spunti di discussione o spronando Enti e persone ad occuparsi delle nostre tematiche, stimolando l’opinione pubblica e il potere politico locale a prendere atto di certi problemi. In futuro porremmo poter trovare il tempo dì dedicarci alla ricerca, anche se non necessariamente
con i metodi della scienza ufficiale. Vorremmo anche avere i mezzi per migliorare, dal punto di vista della stampa, il bollettino e potervi raccogliere più contributi così da farne uno spazio
dì dibattito. Indispensabile, ma irrealizzabile per mancanza di fondi, una casa tutta per noi e almeno due persone a pagamento che svolgessero a tempo pieno lavoro di ufficio.
Obiettivi non certo facili da raggiungere, ma possibili se si hanno idee chiare, comunità d’intenti e una partenza brillante alle spalle, tutti requisiti che sembrano non mancare alle fiduciose donne di Ferrara.
brevi
prostituzione: una legge non basta
Sembra pronto l’identikit della nuova prostituta. Ce lo fornisce una ricerca, condotta da Giovanni Caletti, libero docente di sifilopatologia all’Università di Padova e da anni rappresentante del Ministero della Sanità presso l’Organizzazione mondiale del settore. Dallo spoglio di 600 schede-questionari (che saranno pubblicati entro la fine dell’anno) risulta che le prostitute tendono a trasformarsi anche da noi, come già in Europa, in taxi-girl, ragazze da affittare ad ore e che considerano la prostituzione una specie di doppio lavoro: entraineuses, massagiatrici, accompagnatrici; ma anche studentesse, impiegate, casalinghe. Una prostituzione sommersa, insomma, che in passato è stata rivelata da clamorosi casi di cronaca e che oggi sembra essere diventato un fenomeno più diffuso. Un dato interessante e nuovo nella ricerca è il declino e la scomparsa della figura del protettore, almeno nel nord d’Italia: segno di una volontà di autogestirsi da parte delle prostitute, ma anche dello spostamento delle figure maschili di mediazione su mercati più redditizi, come la droga.
E’ partita comunque a Pordenone, ricco centro di piccole e medie industrie, una offensiva delle nuove prostitute, per ora solo un manipolo guidato da Pia e appoggiato dal consigliere comunale della “Lista per l’alternativa” di area radicale, Dora Pezzilli. Le prostitute chiedono una revisione della legge Merlin e di alcuni articoli del codice penale, vogliono un riconoscimento del loro status, che esiste di fatto ma non di diritto, e la fruizione dei più elementari diritti civili, da “cittadino comunque della Repubblica Italiana”. “Rivendichiamo il diritto ad usare e gestire il nostro corpo come più ci aggrada, in fabbrica come in strada” dichiarano in un loro documento, letto anche
al recente congresso radicale a Bologna. La questione sta sollevando delle perplessità soprattutto tra le politiche, appartenenti a una generazione che ha considerato la legge Merlin una conquista irreversibile: abolizione del diritto riconosciuto alla mercificazione del corpo; modernizzazione di uno stato che dal medioevo all’Ottocento aveva prosperato sul lenocidio e smetteva finalmente di esercitarlo.
Come sempre le leggi che si riferiscono ai comportamenti individuali riassumono parzialmente le modificazioni avvenute e riflettono pallidamente la complessità dei problemi. E’ vero in ogni caso che una revisione della legge Merlin è necessaria: sono cambiate alcune figure sociali, altre e più sottili forme di vessazione e di discriminazione sono subentrate a quelle che hanno spinto alla formulazione della legge. L’attenzione è giustamente spostata su altre contraddizioni, che vanno smascherate e risolte. Ma è sperabile che il problema non si riduce a una affermazione, legittima, di diritti civili. Usare il proprio corpo come merce di scambio sessuale e usarlo come forza-lavoro non sono esattamente la stessa alienazione per una donna. Assimilarle in un’unica espressione è una bella provocazione: ma ci piacerebbe che fosse anche l’apertura di una grossa discussione tra tutte le donne.
guatemala: continua il massacro
Mentre il nostro governo scopre, due anni dopo, i desaparecidos e le immagini delle madri della Plaza de Mayo girano su tutti i giornali, altri massacri si consumano ma non sembrano degni di altrettanta riprovazione e condanna / In Guatemala ad esempio” dal 23 marzo scorso, giorno del golpe, del generale Montt sono stati perpetrati almeno mille assassinii contro la popolazione india accusata di “collaborare con la sovversione” dalle autorità locali. Amnesty International, l’organizzazione che già da tempo aveva dato notizia delle sparizioni in Argentina, ha denunciato innumerevoli casi di torture, mutilazioni, massacri compiuti da unità della difesa civile dell’esercito guatemalteco. In particolare duemilaseicento contadini sono stati assassinati dalla primavera all’autunno: in gran parte indios, soprattutto donne e bambini.
marijuana
E’ stata un giudice donna, Graziella Mascarello, a chiedere il proscioglimento in istruttoria di Renzo Zaccone, 32 anni, che sul terrazzo della sua casa di Milano teneva due piante di marijuana. Il proscioglimento, contrastato dal Pm è stato però confermato dai giudici della sezione istruttoria della Corte d’Appello che hanno accettato la motivazione di Graziella Mascarello: chi coltiva una o due piante di canapa indiana non può essere equiparato, quanto a pena, al grande trafficante.
lesbismo: un convegno a bologna
I collettivi lesbici italiani hanno deciso di organizzare il III incontro nazionale di donne lesbiche a Bologna, nei giorni 2-3-4 gennaio 1983. In una riunione dell’Intercollettivo tenutasi a Firenze il 31 ottobre scorso, nella sede di Linea Lesbica Fiorentina, sono stati definiti alcuni temi di discussione:
1) Rapporti con l’esterno: chi è l’esterno e le paure che ci determina.
2) Diffidenza della differenza: identità e corpi; chi parla, chi tocca; rispetto delle differenze; non comunicazione; negazione ed autonegazione tra donne.
Cultura e creatività lesbica: immaginario, simboli e modelli.
Aggregazione e disgregazione nei/dei gruppi: storia, analisi e proiezione.
Separatismo politico e separatismo esistenziale.
6) Ricerca della madre nell’altra donna lesbica e nei gruppi: dipendenza, rassicurazione, delega, fusione di identità, ideologia e sessualità lesbica.
L’incontro sarà dunque articolato in gruppi di lavoro, con momenti di confronto assembleare. Gli spazi che avremo a disposizione a Bologna sono una grande sala per le assemblee nel Palazzo di Re Enzo, sei salette nel Centro di Documentazione della Donna ed il Teatro del Guerriero. Potremo inoltre usufruire di 100 posti letto gratuiti in periferia, di un servizio di autobus per i collegamenti e di una convenzione per pasti a prezzi accessibili. Vi invitiamo a-diffondere la notizia e a segnalare le vostre adesioni per le prenotazioni di letto e mensa.
CLI – Collegamento tra lesbiche italiane, via del Governo Vecchio 39, Roma;
Collettivo “Vivere Lesbica”, via Pompeo Magno 94, Roma. Tel. 386503;
Zanzibar, via del Politeama 8, Roma. Tel. 5895935.
le donne dell’azienda p.t. in convegno
Nuova professionalità e maggiore partecipazione sono state le tematiche al Convegno femminile organizzato dalle donne della Uil-Post che si è tenuto ad Ostia il 17—18 novembre. La necessità di questo convegno – dicono le organizzatrici – è stata dettata dalla consapevolezza che solo attraverso una nuova organizzazione e ridistribuzione del lavoro e l’attuazione di una giusta politica dei servizi sociali si può raggiungere un reale protagonismo della donna.