lettera aperta alle lettrici
Questo numero doppio, con venti pagine in più, chiude il nostro 1982. Avremmo voluto farne due, ma a conti fatti non ci è stato possibile sostenere una spesa così grande. Troppo alti i costi di stampa per una rivista distribuita solo per abbonamenti e in alcune librerie. Ce ne scusiamo con le abbonate ma vorremmo anche aggiungere che questo numero è stato pensato, costruito e pubblicato con il nostro lavoro gratuito e la partecipazione affettuosa e solidale delle collaboratrici. La nostra situazione finanziaria non è molto brillante, anche se chiuderemo l’anno in pareggio. Vantiamo crediti con l’Ente Nazionale Cellulosa e Carta che, con l’aria che tira e una crisi di governo di dubbia soluzione, chissà quando arriveranno. I nostri progetti per il 1983 sono subordinati ancora una volta all’esito della campagna abbonamenti. Anche se siamo consapevoli che un mensile come il nostro si compra volentieri in edicola e qui si vende, se ha una distribuzione che non penalizzi, come di fatto la distribuzione fa spesso, le piccole testate. Il vero nodo per un giornale o rivista è qui, come sa bene chi lavora in questo campo. L’attuale crisi economica sta intaccando anche questo settore: alcuni grossi distributori sono in difficoltà; i piccoli sono costretti a ripensarci in termini più efficienti di impresa. Così è accaduto al nostro distributore, la Publicarla, che ha deciso a giugno di chiudere, creandoci difficoltà e impedendoci di verificare con le vendite di un anno la nostra attività. Abbiamo voluto essere presenti lo stesso – con il n. 7/8, con questo – riconoscendo peraltro il diritto delle abbonate e degli abbonati (moltissime biblioteche comunali e regionali) a ricevere la rivista per la quale hanno pagato in anticipo: un atto di fiducia, il loro, che ci ha dato l’entusiasmo necessario per ricominciare quest’anno.
E’possibile oggi per noi fare un bilancio dell’82? Avremmo voluto farlo appunto con i dati di vendita nell’arco dì un anno, e questo non è più possibile a causa dell’interruzione del rapporto con il distributore.
I dati fino a giugno (n. 6), ultimo mese in cui siamo stati in edicola non sono né esaltanti né deprimenti: ci siamo attestate intorno alle 6.000 copie. Non sono poche per una pubblicazione che ha ripreso dopo qualche anno di uscita a singhiozzo o in numeri ridotti; non sono poche se si pensa che abbiamo raggiunto soltanto un’ottantina di capoluoghi, soprattutto nel centro-nord e siamo state completamente assenti nei piccoli centri di tutta Italia oltre che nelle grandi città della Sicilia. Avremmo potuto vendere di più con una distribuzione più capillare? Probabilmente sì, se valutiamo in base alle lettere e alle telefonate che abbiamo ricevuto e che ci hanno manifestato incoraggiamento, assenso, una ripresa di interesse per la rivista. Ma forse abbiamo solo molte care e affezionate amiche. Il fatto è che dati definitivi con i quali misurarci non ne abbiamo. Abbiamo però la consapevolezza che non vorremmo apparisse presunzione -di avere confezionato un prodotto dignitoso, che ha cercato di riflettete le nostre e le altrui trasformazioni; che ha fatto i conti con 10 anni di femminismo senza avere l’irrazionalità di riproporli oggi. Molto c’è da fare nell’informazione: intanto, avere l’umiltà di guardare a ciò che è accaduto e accade, senza pregiudizi e con la volontà di capire, attraverso servizi, inchieste, ecc. Le donne manifestano il bisogno di una loro informazione professionalizzata, seria, non di serie B: abbiamo cercato di rispondere a questo bisogno con i nostri mezzi e le nostre capacità. Pubblicare per un anno nonostante le difficoltà 10 numeri ha per noi anche il significato di una affermazione di serietà e di professionalità. Ma certo i problemi sono molti. Occorrono denaro, adeguate strutture di pubblicità, capacità e omogeneità di intenti. A queste condizioni c’è ancora spazio di vendita in edicola per una rivista che è a suo modo un luogo di donne, separato come ambito fisico di produzione, ma attento agli altri e interagente con gli altri però sulla base di una propria identità e autonomia. Su questo certo c’è molto da discutere ma è appunto su una discussione del genere che ha senso ripensare una rivista oggi. Quale luogo ha oggi la “politica” in una rivista di informazione di donne? Fino a questo numero abbiamo privilegiato la scelta indiretta (costume, cultura, sociale più in genere) convinte che oggi sia quasi impossibile valutare con le vecchie categorie: più utile osservare e registrare là dove fino ad oggi la “politica” non si è espressa o peggio si è pensato chi si esprimesse invece l’impolitico. Ma in questo numero abbiamo tre argomenti inequivocabilmente politici: il processo Moro, mafia, la violenza di stato che massacra i palestinesi e fa fuori gli oppositori politici (desaparecidos). Una scelta voluta: tre letture di donne su fenomeni “altri da sé”, che pongono però il
problema se si possa cominciare a ricercare un modo proprio di osservare e valutare il mondo nel quale viviamo e che certo ci condiziona. Pensiamo che ci sia molto da fare e che ci sia uno spazio-bisogno per un tipo di informazione delle donne che parta dall’assunzione e dalla discussione di questi problemi. Uno spazio-bisogno che tenga conto di due elementi: il bisogno di chi scrive e il bisogno di chi legge, non più unificati dal cemento della militanza femminista. Chi scrive si assume la responsabilità delle proprie idee, delle proprie scelte senza facili demagogie e confusioni in nome di tutte le donne. Chi legge verifica il proprio bisogno di informazione, e di stimoli a una rimessione propria che svilupperà nei propri ambiti. Una rivista di donne oggi non può essere raccordo di un movimento politico che non c’è più: Effe ha avuto questo ruolo in passato; ma non può riproporlo a sé stessa e alle altre 10 anni,dopo. E infatti non l’abbiamo riproposto. Con i numeri di quest’anno abbiamo cercato di aprirci una strada nuova, più attinente all’informazione ma non per questo meno politica. Chi ci legge vuole dati, inchieste, dossier, strumenti per muoversi con la propria iniziativa e autonomia. Che è un fatto di straordinaria politicità. Il raccordo dei bisogni, ammesso che sia possibile in questo momento, è compito ben arduo e collettivo che non può essere soddisfatto da un’esigua redazione.
Per produrre una dignitosa rivista di informazione delle donne che sia presente nelle edicole, per coprire uno spazio che probabilmente c’è, ci vogliono mezzi e forze. Ne abbiamo pochi. Per continuare la nostra scelta di parola che forse non è del tutto inutile, siamo uscite e usciamo solo per abbonamenti. Ma le difficoltà sono molte, anche perché ci vuole un alto numero di abbonamenti per coprire costi e spese. Abbonatevi o rinnovate l’abbonamento, se ritenete che anche questa sia la vostra scelta. La campagna abbonamenti è in corso.
Se non raggiungeremo un numero congruo di abbonamenti per sostenere l’uscita di 10 numeri, ripenseremo il da farsi.
Chi si abbona sappia comunque che o riceverà 10 numeri della rivista o riceverà indietro il suo denaro. Se chiudere dobbiamo, ci piace chiudere bene.