ribelliamoci al mercato dei cosmetici

aprile 2015

 

Il 15 giugno 1969 a Milano, a conclusione del Congresso Internazionale sul tema «Cosmetici e tutela della salute», l’allora ministro della Sanità Ripamonti, pur riconoscendo l’urgenza di una legislazione che garantisse l’innocuità dei cosmetici, ebbe a dire che riteneva tuttavia improbabile una compilazione rapida di una normativa sulla materia. Ripamonti evidentemente conosceva bene i suoi polli. Da allora infatti né da parte della Comunità Economica Europea, né da parte del governo Italiano è venuta fuori una legge che possa in qualche modo fornire delle garanzie al consumatore sull’innocuità, sull’efficacia e sul prezzo dei cosmetici. E intanto l’industria del settore continua a prosperare, con un incremento annuo (per i paesi della CEE) intorno al 10 per cento, e a lanciare «linee» per adolescenti, per bambini, per uomini, per donne, per vegliardi, per neonati: nessuno sfugge all’imperativo categorico della bellezza, della freschezza, della giovinezza a tutti i «costi». E qui i fabbricanti di cosmetici non vanno tanto per il sottile.

C’è il 18 per cento di IVA? E va bè, tiriamo un po’ su i prezzi, una cosa un po’ massiccia, in modo da coprire la manodopera rincarata e restare sempre su coi profitti, quelli non si toccano per carità. Poi se passa questa maledetta legge, è finita l’epoca delle vacche grasse, quando si facevano pagare la vaselina, l’olio di mandorle dolci con un paio di additivi e 3/4 di acqua distillata come fossero usciti da Bulgari. «D’altra parte — ti dicono — il pubblico è quello che è, lo sappiamo noi che abbiamo rappresentanti in tutto il mondo — le donne non vogliono roba a buon mercato, quando gli dici «guardi questa crema contiene un nuovo ritrovato neozelandese, pesa 10 grammi e costa 12.000 Lire, cosa dice, cara questa crema, scherza, non sa che ci sono creme da 30-40.000 lire.’.. Beh, buone, per buone sono ottime, cambia da così a così, un’altra le dico, una ragazza, vedrà…». Eccole là, non si comprano magari le calze, ma finiscono per cedere alla suggestione della «crema più cara del mondo». (Così di colui che a suo tempo lanciò Orlane con grandissimo successo).

Naturale, perché da cinquant’anni si continua a far marciare il consumatore all’insegna dell’«alto prezzo = alta qualità», e questo in tutti i campi, soprattutto in quello che riguarda la salute. «Quel medico è il migliore — ti dicono — figurati, prende 70.000 lire a visita…». Il Ministro della Sanità francese, Simone Veil (una donna, guardacaso) ha deciso di mettere per prima in tutta la Comunità Europea, la parola «fine» al caos esistente ancora in materia di cosmetici. Forse in memoria dei 40 bambini che nel 1972, in Francia, morirono a causa di un talco (il talco Morhange) addizionato accidentalmente con una dose eccessiva di esaclorofene, un potente battericida estremamente pericoloso se usato in percentuali superiori all’1 %.

Queste percentuali risultano però soltanto nel progetto di direttiva sui cosmetici elaborato dalla Commissione della CEE, direttiva ancora non approvata dai paesi membri, per cui ci vorranno ancora degli anni perché le istanze comunitarie abbiamo forza di legge in tutti i nove paesi. Infatti, ammesso che la direttiva passi entro il 1975, devono poi passare almeno 36 mesi (tre anni, cioè) perché i singoli stati siano obbligati a rispettarne il testo.

Altri tre anni in cui continueremo a metterci in faccia della roba di cui non sappiamo praticamente niente, non solo i componenti, ma neppure, quanto pesano, perché neppure la dichiarazione del peso è obbligatoria. Cambieremo ogni tanto prodotti che con ogni probabilità di nuovo avranno soltanto l’imballaggio e il prezzo più caro.

Perché questa legge ci mette tanto a passare non solo in Italia, ma anche negli altri paesi? Semplicemente perché gli industriali si rifiutano di adottare un codice che comprenda anche le liste positive (delle sostanze cioè che si possono usare in cosmetologia) mentre accettano, benché riluttanti, di adottare il criterio delle liste negative (sostanze che non si possono usare nella preparazione dei cosmetici) e delle liste di quelle sostanze da impiegare solo in certe dosi e con cautela (come è il caso della esaclorofene).

L’adozione delle liste positive (funzionante nel nostro paese nel campo dei prodotti alimentari) darebbe al consumatore una grande tranquillità: infatti ogni sostanza impiegata per fare creme, rossetti, saponi, dentifrici, fondo tinta ecc., dovrebbe essere sperimentata, controllata e approvata dagli organi sanitari prima di essere inclusa nelle liste. Questo, secondo i produttori, darebbe all’industria cosmetica il colpo di grazia, frenerebbe la ricerca scientifica, costringerebbe i maghi della bellezza a svelare i loro segreti (di Pulcinella) all’odiosa concorrenza. Questa affermazione non trova riscontro nella realtà, soltanto se facciamo un confronto con l’industria farmaceutica che, pur sottoposta all’obbligo delle liste positive, non solo non ne ha risentito, ma continua a fare affari d’oro, non solo attraverso gli enti assistenziali, ma anche direttamente dai privati. Dunque, a parte il controverso problema delle liste positive, la direttiva comunitaria (e anche il progetto Veil francese) prevede il controllo dei prodotti, prima di tutto al livello di fabbricazione, quindi delle materie prime adottate, poi a livello di preparazione (norme igieniche controllo personale addetto. Pensare che molti cosmetici vengono preparati ancora a domicilio, da donne supersfruttate e poco organizzate per fare un lavoro del genere!) e infine è previsto un controllo a prodotto finito. Per quanto riguarda l’etichetta, i soliti industriali non vogliono svelare tutto il segreto della formula, ma propongono — almeno per certi componenti (che magari sono roba da chiromanti, tipo succo di falce del Reno o estratto di salamandra) nomi di fantasia, con marchio depositato, così loro conservano il mistero e le donne l’allergia. E il dermatologo sia pur valente quando ha saputo che molto probabilmente la sostanza che ha provocato un’irritazione si chiama «aphrodit» non ha molti elementi per iniziare delle ricerche. Quando poi non si tratti d’intossicazioni, e perché «i cosmetici» come ebbe a dire il prof. René Truhaut, direttore del centro di ricerche tossicologiche della facoltà di farmacia dell’Università di Parigi, nel corso del famoso congresso del ’69, essendo prodotti che vengono usati dalla prima giovinezza alla vecchiaia, soprattutto nelle condizioni di vita caratteristiche della nostra epoca, presentano tutte le caratteristiche per realizzare quelle condizioni ottimali di effetti di tossicità a lungo termine. Infatti questi prodotti possono essere applicati per dei mesi senza provocare alcun effetto nocivo, senza nessun segno di allarme. E poi, dopo un certo numero di anni, possono manifestarsi con conseguenze gravi, spesso irreversibili, come ad esempio, quelli cancerogeni. Di conseguenza la nostra maggiore preoccupazione deve essere — proseguiva nel 1969 di fronte a un pubblico attentissimo il prof. Truhaut — quella di studiare con molta attenzione tutte le sostanze che possono provocare questi effetti a lungo termine, in particolare quelle che vengono applicate ripetutamente sulla pelle».

 

Come difenderci dalle creme «magiche» (e costosissime), dalle ricette «miracolose» {e spesso pericolose), dai cosmetici che promettono tutto {e non risolvono nulla)? Dire No alle case che producono cosmetici non basta. Occorre trovare creme «alternative», che sostituiscano quelle in commercio. Un modo per sottrarsi alla «cosmesi del profitto» (che sulla pelle della donna, letteralmente, accumula miliardi) potrebbe essere quello di tornare ai «vecchi» tempi, quando si dosava in laboratorio la crema «giusta».

In questo numero proponiamo alcune ricette, di prodotti per la cura della pelle. Si sa cosa contengono ovviamente) e la loro efficacia è convalidata dal prof. Antonio Ribuffo, direttore della Clinica Dermatologica dell’Università di Roma, mentre la formula è opera della dottoressa Adriana Memoli ricercatrice presso la facoltà di chimica farmaceutica dell’università di Roma.

Si raccomanda di far preparare questi prodotti esclusivamente dal farmacista. Il prezzo del prodotto è 10-20 volte inferiore ai prodotti «di marca» attualmente in commercio.

 

LE CONTRO-RICETTE DI BELLEZZA

 

Pelle normale:

Latte di pulizia: 

trietanolammina gr. 2,5;

alcool a 90° gr. 20,

acqua distillata gr. 225

N.B. sciogliere la trietanolammina nell’alcool ed aggiungere all’acqua.

Crema nutriente:

cera bianca gr. 2

spermaceti gr. 2

acqua distillata gr. 10
vasellina gr. 80

Preparazione: fondere a bagno-maria la cera bianca e lo spermaceti, scaldare a bagno-maria l’acqua distillata. Aggiungere un po’ alla volta, rimescolando di continuo la vasellina ai primi due fusi e poi l’acqua. Mescolare fino a raffreddamento

 

Pelle grassa:

Lozione tonificante:

acido borico gr. 2

resorcina gr. 2

allume gr.1

alcool a 40° gr. 100

Solubilizzare le sostanze in alcool

Crema nutriente:

acido stealico gr.20

trietanolammina gr. 1,5

glicolpropilenico gr. 10

alcool a 90° gr. 4

acqua distillata gr.. 100

Fondere a bagno-maria l’acido stearico, scaldare a bagno-maria il glicol, l’acqua e la trietanolammina. Aggiungere la trietanolammina all’acqua. Aggiungere, sempre mescolando nell’acido stearico, lasciando raffreddare. Quando tutto è tiepido aggiungere per ultimo l’alcool. Mescolare fino a raffreddamento.

 

Pelle secca:

Latte di pulizia:

stearato di poliossietilenglicole gr.7

olio di vasellina gr. 7

acqua distillata gr. 100

Crema nutriente:

olio di mandorle dolci gr. 60

spermaceti gr. 16

cera bianca gr. 8

acqua distillata gr. 16

Fondere a bagno-maria spermaceti e cera; scaldare a bagno-maria l’acqua e l’olio di mandorle dolci. Aggiungere, mescolando l’olio ai due solidi fusi, aggiungere mescolando l’acqua. Mescolare fino a raffreddamento.

N.B. Questi prodotti vanno conservati in bottigliette o recipienti di vetro scuro o di plastica non trasparente, lontano da fonti di calore. Vanno consumati nel giro di venti giorni circa.